I luoghi del riposo #2

La tua voce è perduta nel mistero
delle strade. Respiri in altri cieli
e forse accanto a me. Ma non ti scorgo.


Sei tornata nel numero, migrante
sopra la crosta della terra, forma
senza vita e perché, donna tra donne!


E davi un senso ai miei pensieri, il mondo
era tutto creato dai tuoi gesti


e le case, le ombre si acquattavano
per lasciarci passare e tu tremavi


accanto a me, se gli alberi dall’alto
parlavano tra loro e il tuo respiro
era nel fiato oscuro della notte.

(Sei tornata nel numero, poesia di Giuseppe Villaroel da “Il cuore e l’assurdo”, 1933, in La Bellezza intravista. Antologia poetica 1914-1956, Firenze, Vallecchi Editore, 1959).

Tutte le foto sono state scattate al cimitero monumentale di Mascalucia (CT).

I luoghi del riposo #1

Vorrei, come rugiada in grembo al fiore,
In grembo a rosea nuvola celarmi,


Piangere, amar, pregare, in sin che fuore
Me dal recesso mio, gli altri dai marmi
La novissima tuba un di ridesti,
E n’ apra i tabernacoli celesti.

Nella libera, immensa aria sospesa
Tenterò nuovi liberi concenti,
E degli uomini invece, sarò intesa
Dagli spirti, dai fulmini, e dai venti.


Canterò forti note, a ria contesa
Chiamerò le procelle e gli elementi;
Canterò le mie pene, e gli astri e il Sole
Leveransi alle flebili parole.

Fuggir sopra una nube! ad ogni umana
Cosa fuggire è un nobile deliro,
Un sogno etereo, un’ esistenza arcana,
Un mesto, placidissimo ritiro.


Esser viva, esser sola, esser lontana,
Desiata nel mondo e nell’ empiro,
Mistero a tutti, nota sol nei canti.


Ebbrezza di Cherubi, amor di Santi!

Versi tratti dalla lirica “La campana del 2 novembre” di Giuseppina Turrisi Colonna (Palermo, 1822-1848) dal volume “Liriche di Giuseppina Turrisi Colonna”, Firenze, Le Monnier, 1846.

Tutte le foto sono state scattate al cimitero di Tremestieri Etneo (CT).

Donatella Pezzino

Da “I sonetti dell’amore oscuro” di Federico García Lorca

Sonetto del dolce lamento

Temo di perdere la meraviglia
dei tuoi occhi di statua e la cadenza
che di notte mi posa sulla guancia
la rosa solitaria del respiro.

Temo di essere lungo questa riva
un tronco spoglio, e quel che più m’accora
è non avere fiore, polpa, argilla
per il verme di questa sofferenza.

Se sei tu il mio tesoro seppellito,
la mia croce e il mio fradicio dolore,
se io sono il cane e tu il padrone mio

non farmi perdere ciò che ho raggiunto
e guarisci le acque del tuo fiume
con foglie dell’autunno mio impazzito.

*

Piaghe d’amore

La luce, questo fuoco che divora.
Questo paesaggio grigio che m’attornia.
Questa pena per una sola idea.
Quest’angoscia di cielo, terra e d’ora.

Questo pianto di sangue che decora
lira senza timbro, torcia senza presa.
Questo peso del mare che mi frusta.
Questo scorpione che attende entro di me.

Ghirlanda d’amore, letto di ferito,
sono e di insonne, sogno la presenza
tua nel fondo in rovina del mio petto;

e se ricerco una vetta di prudenza
il tuo cuore mi dà una valle densa
di cicuta e passione d’aspra scienza.

*

Il poeta dice la verità

Voglio piangere sopra la mia pena
e te lo dico perché tu mi pianga
e m’ami in un tramonto di usignoli
con un pugnale e con baci insieme a te.

Voglio uccidere il solo testimone
presente all’assassinio dei miei fiori
e mutare l’angoscia del mio pianto
in grano duro, in un covone eterno.

Quella matassa mai non si dipani
del t’amo m’ami, di tutto ardore sì!
con decrepito sole e vecchia luna.

Quello che non mi dai non te lo chiedo,
no, ma muoia e di sé non lasci traccia
nell’estremo sussulto della carne.

*

L’amore dorme sul petto del poeta

Non saprai mai cos’è questo mio amore
perché addormentato dormi su di me.
Ti nascondo di lacrime, inseguito
da una voce d’acciaio lancinante.

La norma che scompiglia corpi ed astri
s’è fitta nel mio petto dolorante
e hanno morso le torbide parole
le ali del tuo animo severo.

A gruppi gente salta nei giardini,
attende il corpo tuo e la mia agonia
in cavalli di luce e verdi crini.

Ma continua a dormire, vita mia.
Senti il mio sangue rotto tra i violini?
Attento! ci spia qualcuno, attento!

*

Notte dell’amore insonne

Notte alta, noi due e la luna piena;
io che piangevo, mentre tu ridevi.
Un dio era il tuo scherno; i miei lamenti
attimi e colombe incatenate.

Notte bassa, noi due. Cristallo e pena,
piangevi tu in profonde lontananze.
La mia angoscia era un gruppo di agonie
sopra il tuo cuore debole di sabbia.

L’alba ci ricongiunse sopra il letto,
le bocche su quel gelido fluire
di un sangue che dilaga senza fine.

Penetrò il sole la veranda chiusa
e il corallo della vita aprì i suoi ramisopra il mio cuore nel sudario avvolto.

Federico García Lorca (Fuente Vaqueros, 5 giugno 1898 – Víznar, 19 agosto 1936)

Fonte: I sonetti dell’amore oscuro, a cura di Claudio Rendina, ebook Newton Compton, 2012.

Immagine: Adamo ed Eva, di Pieter Paul Rubens

Olio su tela

1628

Madrid, Museo del Prado

(Foto da Wikipedia)

La “Maddalena in meditazione” di Jusepe de Ribera

Quando penso che tu sia fuggito,
la tua ombra scura mi sorprende
e ritorni ai piedi del mio capezzale
cogliendomi di sorpresa.
Quando immagino che tu te ne sia andato,
ti mostri nel sole stesso,
sei la stella che brilla,
il vento che fischia.
Se cantano sei tu che canti,
se piangono sei tu che piangi,
sei il fremito del fiume,
sei la notte e l’aurora.
Tu sei in tutto e sei tutto per me.
In me dimori. Non lasciarmi mai,
ombra che sempre mi sorprendi.

(Negra Sombra di Rosalìa de Castro, dalla raccolta “Follas novas” , 1880)

Immagine: Maddalena in meditazione del teschio, dipinto di Jusepe de Ribera (Xàtiva, 1591 – Napoli, 1652)

Olio su tela

1630

Museo nazionale d’Abruzzo

(Foto da Wikipedia)

“Sulla strada di Emmaus” di Robert Zünd

Apriteci dunque la porta e noi vedremo i frutteti,
Berremo l’acqua fresca dove la luna ha posto la sua traccia.
La lunga strada brucia, ostile agli stranieri,
Noi camminiamo ignari e non troviamo un luogo dove fermarci.
Vogliamo vedere dei fiori. Qui ci divora la sete.
Aspettando e soffrendo, eccoci davanti alla porta.
Se occorre, abbatteremo questa porta con i nostri colpi.
Spingiamo con tutte le forze, ma la barriera è troppo robusta.

Dobbiamo languire, aspettare e guardare invano.
Guardiamo la porta: è chiusa, incrollabile.
Vi fissiamo lo sguardo: piangiamo, tormentati.
La vediamo sempre; il peso del tempo ci opprime.

La porta è davanti a noi: a che serve volere?
Meglio rinunciare, abbandonare la speranza.
Non entreremo mai. Siamo stanchi di guardarla…
E la porta, aprendosi, lasciò passare tanto silenzio.

Ma né frutteti né fiori abbiamo visto;
Solo lo spazio immenso dove sono il nulla e la luce
Ci apparve improvvisamente da ogni parte, ci colmò il cuore
E lavò i nostri occhi quasi ciechi sotto la polvere.

( La porta di Simone Weil, da “Pensieri in disordine sull’amore di Dio”, Ebook Kindle, KKIEN Publ. Int. , 2015)

Nell’immagine: Sulla strada di Emmaus, dipinto di Robert Zünd (Lucerna, 1827-1909)

Olio su tela

1877

St. Gallen Museum of Art

(Foto da Wikipedia)