Grazia Denaro, nata a Messina, vive da molti anni a Torino. Poetessa e scrittrice, è presente in varie antologie e siti letterari. Ad ispirare il suo stile poetico sono soprattutto gli autori classici, in particolare Giovanni Pascoli e Pablo Neruda, che sente affini al suo mondo interiore e al suo profondo amore per la natura. Ha pubblicato due libri di poesie: “Canto d’anima” (poesie di vari argomenti) e “Fiori in versi” (liriche dedicate a sua madre). Fa parte della redazione del blog di attualità “Alessandria Today”.
Desidero solo silenzio e quiete, non parlarmi di cose del passato e del futuro non parlarmi di ieri e non andare all’indomani. Questo attimo, per me, non ha né prima né dopo non ha più senso ieri è scomparso quali echi e ombre e l’ignoto domani si dilaga lontano e non si vede più sarà forse diverso di quanto han disegnato le mani dai sogni tuoi e miei, diverso di quanto desideriamo? Questo attimo, e non altri tempi, è un fiore che si apre nelle nostre mani: senza frutti senza radici ma è solo un fiore di spontanea bellezza, teniamolo bene prima che si strappi, amore mio! * Mi basta
Mi basta morire sulla mia terra essere sepolta in essa sciogliermi e svanire nel suo suolo e poi germogliare come un fiore colto con tenerezza da un bimbo del mio paese. Mi basta rimanere nell’abbraccio del mio paese per stargli vicino, stretta, come una manciata di polvere ramoscello di prato un fiore
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Fadwa Tuqan, poetessa e saggista palestinese, nasce a Nablus il 1º marzo 1917. Viaggia molto in Europa e in Medio Oriente; negli anni Sessanta studia lingua e letteratura inglese presso la Oxford University. Nel 1967 la sua città natale viene occupata dagli israeliani: questo evento influenza la sua scrittura in modo definitivo. Nella sua poesia, i temi sono la lotta del suo popolo, l’Intifada, la sofferenza e le atrocità della guerra; ma anche la condizione della donna nel mondo arabo. E’ stata premiata con il Palestinians’ Jerusalem Award for Culture and Art e con altri riconoscimenti in Grecia, Italia e Giordania. E’ morta il 12 dicembre 2003. (fonte: Wikipedia)
Silvia De Angelis, romana, è poetessa, scrittrice e blogger. Ha al suo attivo diverse pubblicazioni poetiche, alcune delle quali hanno ricevuto premi e riconoscimenti. Elegante, fluido e ricco di magnetismo, il suo stile si rivela nell’essenzialità dirompente della parola, e in una forte energia spirituale che ha nel contatto con la natura il suo pieno sviluppo.
Temo di perdere la meraviglia dei tuoi occhi di statua e la cadenza che di notte mi posa sulla guancia la rosa solitaria del respiro.
Temo di essere lungo questa riva un tronco spoglio, e quel che più m’accora è non avere fiore, polpa, argilla per il verme di questa sofferenza.
Se sei tu il mio tesoro seppellito, la mia croce e il mio fradicio dolore, se io sono il cane e tu il padrone mio
non farmi perdere ciò che ho raggiunto e guarisci le acque del tuo fiume con foglie dell’autunno mio impazzito.
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Piaghe d’amore
La luce, questo fuoco che divora. Questo paesaggio grigio che m’attornia. Questa pena per una sola idea. Quest’angoscia di cielo, terra e d’ora.
Questo pianto di sangue che decora lira senza timbro, torcia senza presa. Questo peso del mare che mi frusta. Questo scorpione che attende entro di me.
Ghirlanda d’amore, letto di ferito, sono e di insonne, sogno la presenza tua nel fondo in rovina del mio petto;
e se ricerco una vetta di prudenza il tuo cuore mi dà una valle densa di cicuta e passione d’aspra scienza.
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Il poeta dice la verità
Voglio piangere sopra la mia pena e te lo dico perché tu mi pianga e m’ami in un tramonto di usignoli con un pugnale e con baci insieme a te.
Voglio uccidere il solo testimone presente all’assassinio dei miei fiori e mutare l’angoscia del mio pianto in grano duro, in un covone eterno.
Quella matassa mai non si dipani del t’amo m’ami, di tutto ardore sì! con decrepito sole e vecchia luna.
Quello che non mi dai non te lo chiedo, no, ma muoia e di sé non lasci traccia nell’estremo sussulto della carne.
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L’amore dorme sul petto del poeta
Non saprai mai cos’è questo mio amore perché addormentato dormi su di me. Ti nascondo di lacrime, inseguito da una voce d’acciaio lancinante.
La norma che scompiglia corpi ed astri s’è fitta nel mio petto dolorante e hanno morso le torbide parole le ali del tuo animo severo.
A gruppi gente salta nei giardini, attende il corpo tuo e la mia agonia in cavalli di luce e verdi crini.
Ma continua a dormire, vita mia. Senti il mio sangue rotto tra i violini? Attento! ci spia qualcuno, attento!
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Notte dell’amore insonne
Notte alta, noi due e la luna piena; io che piangevo, mentre tu ridevi. Un dio era il tuo scherno; i miei lamenti attimi e colombe incatenate.
Notte bassa, noi due. Cristallo e pena, piangevi tu in profonde lontananze. La mia angoscia era un gruppo di agonie sopra il tuo cuore debole di sabbia.
L’alba ci ricongiunse sopra il letto, le bocche su quel gelido fluire di un sangue che dilaga senza fine.
Penetrò il sole la veranda chiusa e il corallo della vita aprì i suoi ramisopra il mio cuore nel sudario avvolto.
Federico García Lorca (Fuente Vaqueros, 5 giugno 1898 – Víznar, 19 agosto 1936)
Fonte: I sonetti dell’amore oscuro, a cura di Claudio Rendina, ebook Newton Compton, 2012.
Quando penso che tu sia fuggito, la tua ombra scura mi sorprende e ritorni ai piedi del mio capezzale cogliendomi di sorpresa. Quando immagino che tu te ne sia andato, ti mostri nel sole stesso, sei la stella che brilla, il vento che fischia. Se cantano sei tu che canti, se piangono sei tu che piangi, sei il fremito del fiume, sei la notte e l’aurora. Tu sei in tutto e sei tutto per me. In me dimori. Non lasciarmi mai, ombra che sempre mi sorprendi.
(Negra Sombra di Rosalìa de Castro, dalla raccolta “Follas novas” , 1880)
Immagine: Maddalena in meditazione del teschio, dipinto di Jusepe de Ribera (Xàtiva, 1591 – Napoli, 1652)