“Nel cono d’ombra”, una poesia di Grazia Denaro

Scorre arido il mio tempo

come sabbia tra le dita.

Si sgretolano i miei giorni di sale

in un’arsura che brucia

e lascia tracce d’amara sete.

Reminiscenze lontane:

arcobaleni dai fulgidi colori

origami gentili di piante nel vento

baciate dal sole

odore di menta che inebriava il cuore.

Tutto fermo ed immoto ora

in ore che non sono ore

non scorre più la clessidra del tempo

e la meridiana è sempre lì

nel cono d’ombra.

*

Grazia Denaro, nata a Messina, vive da molti anni a Torino. Poetessa e scrittrice, è presente in varie antologie e siti letterari. Ad ispirare il suo stile poetico sono soprattutto gli autori classici, in particolare Giovanni Pascoli e Pablo Neruda, che sente affini al suo mondo interiore e al suo profondo amore per la natura. Ha pubblicato due libri di poesie: “Canto d’anima” (poesie di vari argomenti) e “Fiori in versi” (liriche dedicate a sua madre). Fa parte della redazione del blog di attualità “Alessandria Today”.

Poesia tratta da”Mandorle e Sale“, blog personale dell’autrice, alla pagina Nel cono d’ombra (wordpress.com)

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Due poesie di Fadwa Tuqan

Due poesie di Fadwa Tuqan

Un attimo

Desidero solo silenzio e quiete,
non parlarmi di cose del passato e del futuro
non parlarmi di ieri e non andare
all’indomani.
Questo attimo, per me,
non ha né prima né dopo
non ha più senso
ieri è scomparso quali echi e ombre
e l’ignoto domani si dilaga lontano
e non si vede più
sarà forse diverso di quanto han disegnato
le mani dai sogni tuoi e miei,
diverso di quanto desideriamo?
Questo attimo, e non altri tempi,
è un fiore che si apre nelle nostre mani:
senza frutti senza radici
ma è solo un fiore di spontanea bellezza,
teniamolo bene prima che si strappi,
amore mio!
*
Mi basta

Mi basta morire sulla mia terra
essere sepolta in essa
sciogliermi e svanire nel suo suolo
e poi germogliare come un fiore
colto con tenerezza da un bimbo del mio paese.
Mi basta rimanere
nell’abbraccio del mio paese
per stargli vicino, stretta, come una manciata
di polvere
ramoscello di prato
un fiore

*

Fadwa Tuqan, poetessa e saggista palestinese, nasce a Nablus il 1º marzo 1917. Viaggia molto in Europa e in Medio Oriente; negli anni Sessanta studia lingua e letteratura inglese presso la Oxford University. Nel 1967 la sua città natale viene occupata dagli israeliani: questo evento influenza la sua scrittura in modo definitivo. Nella sua poesia, i temi sono la lotta del suo popolo, l’Intifada, la sofferenza e le atrocità della guerra; ma anche la condizione della donna nel mondo arabo. E’ stata premiata con il Palestinians’ Jerusalem Award for Culture and Art e con altri riconoscimenti in Grecia, Italia e Giordania. E’ morta il 12 dicembre 2003. (fonte: Wikipedia)

Donatella Pezzino

“Sfumatura d’un soffione”, una poesia di Silvia De Angelis

Calpestio della mente

acceso dalla tonalità

d’un si bemolle fantastico.

Lascia trapelare

la ludica sfumatura d’un soffione

appeso a un lembo di cielo

mentre zig zagando lastrica

un sogno inappagato

*

Silvia De Angelis, romana, è poetessa, scrittrice e blogger. Ha al suo attivo diverse pubblicazioni poetiche, alcune delle quali hanno ricevuto premi e riconoscimenti. Elegante, fluido e ricco di magnetismo, il suo stile si rivela nell’essenzialità dirompente della parola, e in una forte energia spirituale che ha nel contatto con la natura il suo pieno sviluppo.

Poesia tratta dal blog dell’autrice “Inganni velati” alla pagina SFUMATURA D’UN SOFFIONE (deangelisilvia.blogspot.com)

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Da “I sonetti dell’amore oscuro” di Federico García Lorca

Sonetto del dolce lamento

Temo di perdere la meraviglia
dei tuoi occhi di statua e la cadenza
che di notte mi posa sulla guancia
la rosa solitaria del respiro.

Temo di essere lungo questa riva
un tronco spoglio, e quel che più m’accora
è non avere fiore, polpa, argilla
per il verme di questa sofferenza.

Se sei tu il mio tesoro seppellito,
la mia croce e il mio fradicio dolore,
se io sono il cane e tu il padrone mio

non farmi perdere ciò che ho raggiunto
e guarisci le acque del tuo fiume
con foglie dell’autunno mio impazzito.

*

Piaghe d’amore

La luce, questo fuoco che divora.
Questo paesaggio grigio che m’attornia.
Questa pena per una sola idea.
Quest’angoscia di cielo, terra e d’ora.

Questo pianto di sangue che decora
lira senza timbro, torcia senza presa.
Questo peso del mare che mi frusta.
Questo scorpione che attende entro di me.

Ghirlanda d’amore, letto di ferito,
sono e di insonne, sogno la presenza
tua nel fondo in rovina del mio petto;

e se ricerco una vetta di prudenza
il tuo cuore mi dà una valle densa
di cicuta e passione d’aspra scienza.

*

Il poeta dice la verità

Voglio piangere sopra la mia pena
e te lo dico perché tu mi pianga
e m’ami in un tramonto di usignoli
con un pugnale e con baci insieme a te.

Voglio uccidere il solo testimone
presente all’assassinio dei miei fiori
e mutare l’angoscia del mio pianto
in grano duro, in un covone eterno.

Quella matassa mai non si dipani
del t’amo m’ami, di tutto ardore sì!
con decrepito sole e vecchia luna.

Quello che non mi dai non te lo chiedo,
no, ma muoia e di sé non lasci traccia
nell’estremo sussulto della carne.

*

L’amore dorme sul petto del poeta

Non saprai mai cos’è questo mio amore
perché addormentato dormi su di me.
Ti nascondo di lacrime, inseguito
da una voce d’acciaio lancinante.

La norma che scompiglia corpi ed astri
s’è fitta nel mio petto dolorante
e hanno morso le torbide parole
le ali del tuo animo severo.

A gruppi gente salta nei giardini,
attende il corpo tuo e la mia agonia
in cavalli di luce e verdi crini.

Ma continua a dormire, vita mia.
Senti il mio sangue rotto tra i violini?
Attento! ci spia qualcuno, attento!

*

Notte dell’amore insonne

Notte alta, noi due e la luna piena;
io che piangevo, mentre tu ridevi.
Un dio era il tuo scherno; i miei lamenti
attimi e colombe incatenate.

Notte bassa, noi due. Cristallo e pena,
piangevi tu in profonde lontananze.
La mia angoscia era un gruppo di agonie
sopra il tuo cuore debole di sabbia.

L’alba ci ricongiunse sopra il letto,
le bocche su quel gelido fluire
di un sangue che dilaga senza fine.

Penetrò il sole la veranda chiusa
e il corallo della vita aprì i suoi ramisopra il mio cuore nel sudario avvolto.

Federico García Lorca (Fuente Vaqueros, 5 giugno 1898 – Víznar, 19 agosto 1936)

Fonte: I sonetti dell’amore oscuro, a cura di Claudio Rendina, ebook Newton Compton, 2012.

Immagine: Adamo ed Eva, di Pieter Paul Rubens

Olio su tela

1628

Madrid, Museo del Prado

(Foto da Wikipedia)

La “Maddalena in meditazione” di Jusepe de Ribera

Quando penso che tu sia fuggito,
la tua ombra scura mi sorprende
e ritorni ai piedi del mio capezzale
cogliendomi di sorpresa.
Quando immagino che tu te ne sia andato,
ti mostri nel sole stesso,
sei la stella che brilla,
il vento che fischia.
Se cantano sei tu che canti,
se piangono sei tu che piangi,
sei il fremito del fiume,
sei la notte e l’aurora.
Tu sei in tutto e sei tutto per me.
In me dimori. Non lasciarmi mai,
ombra che sempre mi sorprendi.

(Negra Sombra di Rosalìa de Castro, dalla raccolta “Follas novas” , 1880)

Immagine: Maddalena in meditazione del teschio, dipinto di Jusepe de Ribera (Xàtiva, 1591 – Napoli, 1652)

Olio su tela

1630

Museo nazionale d’Abruzzo

(Foto da Wikipedia)