Da “I sonetti dell’amore oscuro” di Federico García Lorca

Sonetto del dolce lamento

Temo di perdere la meraviglia
dei tuoi occhi di statua e la cadenza
che di notte mi posa sulla guancia
la rosa solitaria del respiro.

Temo di essere lungo questa riva
un tronco spoglio, e quel che più m’accora
è non avere fiore, polpa, argilla
per il verme di questa sofferenza.

Se sei tu il mio tesoro seppellito,
la mia croce e il mio fradicio dolore,
se io sono il cane e tu il padrone mio

non farmi perdere ciò che ho raggiunto
e guarisci le acque del tuo fiume
con foglie dell’autunno mio impazzito.

*

Piaghe d’amore

La luce, questo fuoco che divora.
Questo paesaggio grigio che m’attornia.
Questa pena per una sola idea.
Quest’angoscia di cielo, terra e d’ora.

Questo pianto di sangue che decora
lira senza timbro, torcia senza presa.
Questo peso del mare che mi frusta.
Questo scorpione che attende entro di me.

Ghirlanda d’amore, letto di ferito,
sono e di insonne, sogno la presenza
tua nel fondo in rovina del mio petto;

e se ricerco una vetta di prudenza
il tuo cuore mi dà una valle densa
di cicuta e passione d’aspra scienza.

*

Il poeta dice la verità

Voglio piangere sopra la mia pena
e te lo dico perché tu mi pianga
e m’ami in un tramonto di usignoli
con un pugnale e con baci insieme a te.

Voglio uccidere il solo testimone
presente all’assassinio dei miei fiori
e mutare l’angoscia del mio pianto
in grano duro, in un covone eterno.

Quella matassa mai non si dipani
del t’amo m’ami, di tutto ardore sì!
con decrepito sole e vecchia luna.

Quello che non mi dai non te lo chiedo,
no, ma muoia e di sé non lasci traccia
nell’estremo sussulto della carne.

*

L’amore dorme sul petto del poeta

Non saprai mai cos’è questo mio amore
perché addormentato dormi su di me.
Ti nascondo di lacrime, inseguito
da una voce d’acciaio lancinante.

La norma che scompiglia corpi ed astri
s’è fitta nel mio petto dolorante
e hanno morso le torbide parole
le ali del tuo animo severo.

A gruppi gente salta nei giardini,
attende il corpo tuo e la mia agonia
in cavalli di luce e verdi crini.

Ma continua a dormire, vita mia.
Senti il mio sangue rotto tra i violini?
Attento! ci spia qualcuno, attento!

*

Notte dell’amore insonne

Notte alta, noi due e la luna piena;
io che piangevo, mentre tu ridevi.
Un dio era il tuo scherno; i miei lamenti
attimi e colombe incatenate.

Notte bassa, noi due. Cristallo e pena,
piangevi tu in profonde lontananze.
La mia angoscia era un gruppo di agonie
sopra il tuo cuore debole di sabbia.

L’alba ci ricongiunse sopra il letto,
le bocche su quel gelido fluire
di un sangue che dilaga senza fine.

Penetrò il sole la veranda chiusa
e il corallo della vita aprì i suoi ramisopra il mio cuore nel sudario avvolto.

Federico García Lorca (Fuente Vaqueros, 5 giugno 1898 – Víznar, 19 agosto 1936)

Fonte: I sonetti dell’amore oscuro, a cura di Claudio Rendina, ebook Newton Compton, 2012.

Immagine: Adamo ed Eva, di Pieter Paul Rubens

Olio su tela

1628

Madrid, Museo del Prado

(Foto da Wikipedia)